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Festival Internazionale del Jazz
Edizione 1990

La storia del Pescara Jazz

Pescara Jazz 1990

Dopo aver brillantemente e felicemente festeggiato nella scorsa edizione il suo ventennale, un traguardo di assoluto prestigio che conferma questa manifestazione la più longeva dell’intero e amplissimo panorama dei jazzfestival sul territorio italiano, Pescara Jazz affronta il cammino degli anni Novanta con la vitalità, la passione e l’impegno che lo contraddistingue, e con un cartellone di notevole interesse e varietà. E senza mai allontanarsi da quel basilare e irreversibile concetto di promozione culturale che da sempre caratterizza l’appuntamento con il jazz di alto livello sulla riviera pescarese. Un programma che non vuole assolutamente essere all’avanguardia, che non vuole investirsi di progettualità rivoluzionarie per il solo gusto di farlo, ma che al contrario, seguendo con logica e lucidità una filosofia ormai consolidata, continua ad esplorare minuziosamente, attraverso una serie di tematiche interessanti, le molteplici tendenze stilistiche e lessicali che hanno attraversato la grande ed inesauribile corrente evolutiva della storia del jazz.

Le tre serate al Parco Le Naiadi di Pescara Jazz 90, proseguendo un discorso iniziato con le ultime due edizioni, sono monografiche, dedicate ad altrettanti temi. The Bop Tradition, ha per protagonista un autentico “pezzo di storia”, una “leggenda vivente”, Dizzy Gillespie, l’unico responsabile ancora in vita dei rivoluzionari creatori di quella irripetibile e straordinaria stagione entrata nella storia con il nome di “be-bop”; Jazz & Women, un riconoscimento al contributo apportato a questa musica dalla donna, con tre signore di generazioni diverse a fare gli onori di casa; e Piano Night, una variegata e stimolante carrellata sulle tendenze pianistiche che hanno percorso gli ultimi trent’anni jazzistici, con un capo-scuola del calibro di McCoy Tyner e due autentici talenti che rappresentano la continuità e il futuro di un cammino che guarda all’integrità artistica rifuggendo ogni tipo o forma di tentazione contaminante e commerciale. Dizzy Gillespie, il maestro insuperato della tromba boppistica, virtuoso, fantasioso e umorale è alla guida di una orchestra che corrisponde ad un suo grande sogno che solo in parte aveva in passato realizzato: riunire sotto lo stesso tetto musicisti nordamericani bianchi e neri e artisti di varie estrazioni latino-americane. Una United Nations Orchestra con la quale il grandissimo trombettista e bandleader tende a riprendere in mano un vecchio discorso che ha sempre amato: quello conosciuto con il nome di “Afro-Cuban-Jazz”. Sin dagli anni Quaranta, Dizzy Gillespie fu il primo jazzman ad intuire le ampie possibilità d’interscambio tra i ritmi latini e l’improvvisazione jazzistica. E la sua orchestra, con il leggendario percussionista cubano Chano Pozo, provò al mondo quanto quelle idee fossero ardite e al contempo centrate. Nel corso della sua lunga e scintillante carriera, Dizzy Gillespie ha più volte rinverdito quello stimolante meeting di culture, ma mai come con questa United Nations Orchestra aveva ampliato la concettualità dell’incontro: non più solo il contributo dei ritmi latini e dei suoi colori percussivi, ma anche quello di improvvisatori, di solisti, sassofonisti, trombettisti, voci. Qui infatti s’inseriscono nell’orchestra figure di rilievo del jazz dell’area latina, come l’altosassofonista cubano Paquito D’Rivera, il trombettista brasiliano Claudio Roditi, il trombettista cubano Arturo Sandoval, la vocalist brasiliana Flora Purim, oltre ad un rafforzamento dell’apparato ritmico che vede in campo anche un autentico maestro delle percussioni come il celeberrimo brasiliano Airto Moreira. E a questi citati, che sono solo una parte delle anime latino-americane che Dizzy Gillespie ha riunito in questa sua orchestra-sogno, si uniscono jazzmen nord-americani di alto livello, fior di solisti come il sassofonista e flautista James Moody, da decenni uno dei partner preferiti di Dizzy, o i trombonisti Slide Hampton e Steve Turre, con quest’ultimo anche sorprendente solista di conchiglie marine. Una United Nations Orchestra zeppa di interesse sulla quale si eleva il magistero improvvisativo di Dizzy per una serata all’insegna di The Bop Tradition che si preannuncia di grande interesse culturale e di viva eccitazione.

Jazz & Women, vive del contributo di tre signore del jazz. Toshjko Akiyoshi, pianista, compositore, arrangiatore e band-leader, si presenta in quartetto con partner suo marito, il sassofonista Lew Tabackin. Toshjko, nata in Manciuria sessantaquattro anni fa, risiede negli Stati Uniti dal 1956. Tenace seguace del pianismo di Bud Powell, si è via via liberata dell’ingombrante influenza, mantenendo però intatta la potenza e la grinta improvvisativa, a cui ha unito un certo romanticismo e non pochi elementi del suo patrimonio musicale. Tutte cose che la pianista riveste di intelligenti e suggestivi contrasti timbrici e di una esuberanza espressiva che mostra allo stesso tempo passionalità e forte temperamento interpretativo. Astrud Gilberto è entrata nella storia della musica come The Girl From Ipanema, un’etichetta legata al suo massimo successo. Una voce esile, quasi fanciullesca, con poche sfumature e pochi contrasti, che con la sua assoluta mancanza di swing sembra essere la negazione del jazz. Ma Astrud ha una dote che la fa amare, la musicalità e quella semplicità nel far vivere le bellissime melodie brasiliane o celebri standards del grande book compositivo americano che hanno il potere del fascino. Tra le signore del jazz di oggi Geri Allen, trentatreenne nero-americana del Michigan, è la personalità di maggior spicco. Il suo pianismo è un concentrato di logica che mescola abilmente la tradizione del jazz e le visioni contemporanee avanzate. Possiede un tocco di grandissima qualità e il fraseggio molto fluido, grintoso, ma sempre estremamente coordinato che non si disunisce neanche nelle fasi più scopertamente esacerbate dei suoi intelligenti e audaci percorsi solistici. E poi, come partners, ha due straordinari musicisti come Charlie Haden e Paul Motian, capaci di creare trame ritmiche davvero superbe, piene di intuizioni, di stimoli, di creatività. Un trio che alle alte qualità dei singoli elementi unisce una intesa cementata da alcuni anni di lavoro comune che ha consentito al trio di raggiungere una “unità sonora” di grandissimo equilibrio e di notevolissima sensibilità espressiva. Tre signore del jazz che, oltre a rappresentare tre aspetti e tre generazioni diverse del coinvolgimento e del contributo della donna nel jazz, rappresentano anche tre culture dissimili, quella orientale, quella sudamericana e quella nero-americana. Cosa che ribadisce ancora una volta il linguaggio universale del jazz, capace di “toccare” popoli e culture diverse.

Piano Night ha come stella McCoy Tyner, il pianista emerso nello straordinario quartetto di John Coltrane nei primi anni Sessanta. Il suo personalissimo stile è una fonte inesauribile di energia, ma nel suo pianismo c’è anche una forte dose di spiritualità. Una poderosa presa ritmica costruita su rapidi arpeggi e macchie di accordi che sprigiona una potenzialità di notevole espressività che, a Pescara Jazz, si confronta con due solisti aggiunti al suo trio, il ribollente trombettista Freddie Hubbard, solista di grandissima personalità e forte popolarità, e il solido e sofisticato tenorsassofonista Ralph Moore, uno spiccatissimo talento delle ultime generazioni nero-americane. Un acuto senso del blues, e un amore viscerale per Duke Ellington e Thelonious Monk, sono le cifre più evidenti di un altro grandissimo talento, Marcus Roberts, che il pubblico di Pescara ha già avuto modo di apprezzare due anni fa nel quartetto di Wynton Marsalis. Ma nel frattempo Roberts è maturato molto e c’è da scommetterci che questo giovane pianista non vedente sarà la rivelazione di Pescara Jazz 90. Il programma di Piano Night consentirà anche di ascoltare uno dei pianisti di maggior talento emersi nel nostro paese, Tony Pancella. È figlio della terra d’Abruzzo, possiede un bellissimo tocco, molte idee e una sicurezza esecutiva e interpretativa davvero ragguardevole per un musicista che si è rivelato, risultandone il vincitore, al Concorso Gruppi Emergenti indetto dal Music Inn di Roma lo scorso anno. Sicuramente un musicista di cui sentiremo molto parlare e chissà che non sia proprio Pescara Jazz a consentire al pianista di Chieti di compiere un salto di qualità e affermare il suo pianismo che rivela influenze post-billevansiane. Come ogni anno, le tre serate al Parco Le Naiadi sono precedute da un giro di concerti nell’entroterra abruzzese, che quest’anno vedono in scena il quintetto del trombonista Al Grey, gran solista, pieno di humor e comunicativa, che con il suo gustoso e divertente “mainstream” e l’innato calore sembra proprio la figura ideale per far conoscere e divulgare l’immagine e la cultura jazzistica. Una “missione jazz” quella di Al Grey che lascerà sicuramente il segno.

Mario Luzzi

Pescara Jazz 90

20 LUGLIO
DIZZY GILLESPIE UNITED NATIONS ALLSTARS
21 LUGLIO
GERI ALLEN – CHARLIE HADEN – PAUL MOTIAN TRIO
TOSHIKO AKIYOSHI & LEW TABACKIN QUARTET
ASTRUD GILBERTO & BAND
22 LUGLIO
TONY PANCELLA TRIO
MARCUS ROBERT QUARTET
McCOY TYNER TRIO & FREDDIE HUBBARD & RALPH MOORE

Gallery Pescara Jazz 1990